Se sei un professore non puoi non conoscere la dad, acronimo che indica una modalità di didattica che ha permesso a studenti e professori di proseguire il percorso di formazione e di apprendimento attraverso piattaforme online.
Per quanto sia un rimedio insostituibile in questo periodo di pandemia, non bisogna cadere nell’errore di ritenere la dad una modalità del tutto equivalente alla didattica tradizionale.
Troppo spesso si sente dire “devi comportarti come se stessi in classe” oppure “in classe lo faresti?”, senza tener conto che la distanza, la presenza di uno schermo e la connessione dalla propria abitazione creano un “luogo” completamente diverso dall’ambiente-classe.
Questo luogo virtuale porta in sé numerosi vantaggi, ma può anche divenire terreno fertile per il germogliare di specifiche problematiche che a distanza si rischia di non considerare. Le principali problematiche evidenziate sono:
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Aggressività e disturbi del sonno: L’eccessiva esposizione ad uno schermo, oltre ad essere dannosa per la vista, può facilitare ad esempio una iper-eccitazione sensoriale che facilita reazioni aggressive e disturbi del sonno.
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Passività: La fissità dello sguardo sullo schermo può determinare un’ibizione che favorisce una sospensione della coscienza con conseguente azione passivizzante.
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Disturbi dell’attenzione: La distanza che impone lo schermo condiziona le capacità attentive influendo inevitabilmente sulle capacità di seguire le lezioni. L’attenzione è messa inoltre a dura prova dal contesto: mantenere l’attenzione nella propria stanza, fuori dal contesto tradizionale, con i propri familiari fuori dalla porta, è decisamente difficile.
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Relazioni conflittuali: la distanza imposta dal mezzo ostacola una comunicazione funzionale creando spesso conflitto e sfiducia. Sarà capitato a molti professori di lamentarsi perché gli alunni “tolgono il video”. Sicuramente dovremmo vigilare, ma allo stesso tempo cercare di tenere a mente che attraverso la didattica a distanza si entra direttamente nel mondo intimo del ragazzo creando inevitabilmente non poche reazioni difensive.
Cosa fare?
Sicuramente l’uso di questa nuova metodologia ci permetterà di comprendere sempre meglio le modalità di gestione di questo nuovo modo di fare didattica, ma per il momento sarebbe opportuna una organizzazione intorno a questi quattro punti:
– Ridurre al minimo gli orari giornalieri di connessione ricordando che, oltre al tempo in dad sicuramente i ragazzi aggiungeranno ore davanti al proprio smartphone e alla tv.
– Strutturare lezioni in cui vengono proposti argomenti per fasi di non più di 15 minuti inframezzate da confronti e discussioni che possano mantenere viva l’attenzione.
– Favorire una relazione interattiva e creativa in modo che il ragazzo possa sentirsi meno passivo e più partecipe. La dad sembra ad esempio funzionare meglio con il metodo flipped teaching, in cui la classe si “capovolge” diventando parte attiva del processo di insegnamento.
– Rispettare ed osservare i movimenti che gli studenti fanno in difesa del loro spazio facendo molta attenzione a non scambiarli per comportamenti conflittuali o irrispettosi. In un momento in cui il ragazzo vorrebbe emanciparsi potrebbe vergognarsi di farsi vedere all’interno della sua cameretta, potrebbe non sopportare di portare il mondo-scuola (luogo dove diventerà adulto) all’interno del suo mondo-famiglia, dove c’è ancora l’odore della sua infanzia.
In altre parole dovremmo cercare di metterci sempre più in una posizione di osservazione e di ascolto di questo nuovo mondo per fare sì che la didattica a distanza diventi un modo altro di fare scuola e che si strutturi via via in una modalità sempre più funzionale alla crescita sana dei nostri ragazzi.
C.P.