Sono Elisa, un’adolescente di 14 anni, frequento il II anno di un liceo scientifico e scrivo per raccontare una mia esperienza vissuta a scuola con un mio compagno, che qui chiamerò Marco, che sotto i miei occhi ha fatto uso di cocaina. “E’ il cambio d’ora e la prof. tarda ad arrivare. Marco mi chiede un pezzo di carta, io strappo una striscia di carta dal retro del mio quaderno e gliela do. Lui si sposta all’ultimo banco, lo pulisce con la manica della felpa, apre un pacchettino e lascia cadere la polvere bianca che c’era al suo interno e con una tessera ne fa una striscia. Arrotola il foglio che gli avevo dato tanto da formarne una specie di cannuccia, lo mette in una narice e aspira tutta la polvere. I miei compagni minimizzano, mi dicono di non crederci, probabilmente è solo gesso e nulla di più. Il migliore amico di Marco invece mi conferma che la polvere è proprio cocaina. Mi racconta di quella volta che Marco aveva fatto uso di cocaina e per strada, proprio come una scimmia, iniziò ad arrampicarsi e ad attaccarsi ai balconi: un racconto questo che a parer suo era parecchio divertente. Arriva la prof., Marco chiede di andare in bagno. La prof. inizia la solita ramanzina sul fatto che andiamo continuamente in bagno, e Marco sedutosi sul banco, suda e si massaggia nervosamente le tempie. Tornato dal bagno, si siede al suo posto ed è un continuo tirar su col naso. Per tutta l’ora rimane a giocare con le sue dita e si muove continuamente. All’uscita da scuola mi avvicino a Marco e gli dico semplicemente che il suo comportamento mi ha fatto preoccupare…Marco mi sembra imbarazzato, ma anche sollevato”.
Tempo dopo a scuola iniziammo un periodo di autogestione, furono organizzate varie attività e tra queste, c’era un corso “autogestito” da ragazzi sulla dipendenza dalle droghe. Marco, decise di iscriversi, erano ragazzi come lui a condurre il corso e la paura di essere giudicato era così attenuata. Mi comunicò la sua decisione dicendomi, mentre scuoteva la testa, la tua preoccupazione mi ha fatto capire che sto esagerando”.
Non so se Marco smetterà di drogarsi, ma mi illudo che forse il fatto di non aver incontrato in un suo coetaneo indifferenza lo abbia fatto sentire meno solo e che questo lo abbia in parte aiutato a riconoscere il suo problema.