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Lockdown 2020: come se la sono cavata gli adolescenti?

Lockdown 2020: come se la sono cavata gli adolescenti?

Grazie ai contributi ottenuti dalle risposte ad un indagine qualitativa, somministrata ad un gruppo di ragazzi che collaborano con Esplosivamente (età media 18 anni), è stato possibile fotografare la situazione da loro vissuta durante il periodo di lockdown imposto dall’epidemia di Covid-19.

I dati raccolti hanno messo in evidenza un quadro in cui i ragazzi, sebbene provati dal punto di vista emotivo, sono stati in grado di far fronte alle difficoltà imposte e a trarne anche qualche beneficio.

I ragazzi dichiarano di non aver sofferto particolarmente la solitudine; sono riusciti infatti a tollerare la noia e la distanza dall’altro grazie al supporto delle nuove tecnologie: il tempo dedicato ad internet si è infatti praticamente raddoppiato! Internet è stato utilizzato principalmente con una funzione social (il 72% del campione lo usa per chattare e videochiamare amici e parenti), ma anche con una funzione ludica (giochi online e video tutorial su youtube) e, quotidianamente, con una funzione didattica (sia per proseguire la didattica scolastica che per mantenere le attività extrascolastiche). L’utilizzo dei mezzi digitali ha avuto dunque un ruolo centrale di sostegno, anche se, allo stesso tempo, ha fatto nascere il timore per l’insorgenza di una possibile dipendenza informatica ( il 26% dei ragazzi si dicono spaventati dall’uso compulsivo che hanno iniziato a fare di internet).

Se l’esigenza di contatto sociale e di evasione ha trovato soddisfazione attraverso i social che hanno resa un po’ più “vicina” la distanza, così non si può dire per il bisogno di emancipazione dalla famiglia. Il 60% del campione definisce negativamente il clima familiare di questo periodo: conflittuale, stressante, irrequieto, instabile, noioso, triste, contraddittorio, ansioso, rumoroso, monotono e nervoso. Secondo gli intervistati gli effetti della stretta convivenza hanno portato infatti maggiori conflitti familiari amplificando il loro bisogno di libertà e facendoli sentire come se stessero “chiusi in gabbia”.

L’oppressione collegata alla coabitazione forzata, l’assenza di vie di fuga reali ed il bombardamento informatico sui rischi del virus sembrano aver fatto leva su vissuti emotivi negativi. Ansia (49%) e paura sono le emozioni prevalenti seguite da tristezza e rabbia.

Tali emozioni negative sono chiaramente osservabili nel cambiamento di abitudini riguardanti la cura del corpo, l’alimentazione e in particolare i ritmi sonno-veglia. I ragazzi per lo più hanno smesso di occuparsi della loro igiene ed un buon 20% cede ad abbuffate di junk food.

Per quanto riguarda il sonno la maggior parte dei ragazzi dorme più a lungo, ma di un sonno disturbato (risvegli frequenti,difficoltà di addormentamento). Il 60% rileva un aumentato della attività onirica e di questi il 13% lamenta frequenti incubi.

Se prevalgono emozioni negative tuttavia più della metà del campione intervistato ha dichiarato di sentirsi “più tranquillo di prima” poiché tale periodo di isolamento gli ha concesso più “spazio” e con esso nuove possibilità.

Il maggior tempo a disposizione ed i ritmi rallentati gli hanno consentito di dedicarsi maggiormente a loro stessi, a ciò che desiderano veramente, hanno potuto, in altre parole, dare spazio alle cose che nella frenesia abituale si trovano a trascurare.

I più hanno utilizzato il tempo “guadagnato” dedicandosi al loro corpo. Il tempo dedicato all’allenamento fisico è ad esempio raddoppiato per l’intero campione grazie a programmi atletici scaricati prevalentemente da youtube.

Come se la voce potesse lenire la mancanza di contatto imposta dal distanziamento sociale è ricomparso anche l’uso del telefono, nel senso tradizionale del termine, (il 50% dei ragazzi ha iniziato a fare telefonate).

E’ emerso dunque un grande desiderio di contatto esterno, ma ancora di più un’ apertura liberatoria verso l’interiorità.

Le attività creative ed artistiche (come pittura, scrittura e composizione musicale) hanno avuto un incremento del 65% ed in numerosi casi sono state scoperte proprio in questo periodo.

Ho più tempo per pensare, per stare a contatto con me stesso” dice un ragazzo, “ho scoperto l’amore per la lettura” dice un altro e ancora“ho capito di essere riflessivo, paziente, più forte di quanto credessi”, “Ho scoperto di essere una persona curiosa, mi piace approfondire ogni singolo aspetto delle cose”, “ Ho capito di essere molto poco pragmatica, tanto sognatrice e anche molto empatica” .

In poche parole ognuno ha scoperto cose nuove che lo riguardano, aspetti nuovi di se stesso che nel frastuono quotidiano rischiano forse di rimanere soffocati.

Si sono resi conto di aver guadagnato più tempo per riflettere e conoscersi meglio e per questo vorrebbero che una volta superata l’epidemia si potessero mantenere questi ritmi tranquilli per concedere la giusta attenzione anche alle “piccole cose” che si muovono dentro o, più semplicemente ad una stretta di mano.

E così i ragazzi sognano un mondo post coronavirus, un mondo in cui cambierà il modo di lavorare (si lavorerà di più da remoto, si darà più importanza al settore medico, farmaceutico e di ricerca), un mondo dunque più distante fisicamente (si perderà l’uso di stringersi la mano, useremo per sempre le mascherine), ma più collaborativo e solidale dove anche l’ecologia e il bene comune sarà più considerato e dove si darà il giusto posto alle cose importanti (gli affetti a discapito del lavoro e dei soldi) e “non ci si dimenticherà mai più quanto è bella la libertà”!

Per una piccola minoranza meno ottimista invece non cambierà niente, se non per quelle persone che avranno subito un trauma diretto, perché “l’uomo”, dice Francesca “è nato per perseverare”…